Giacomo Oddo
Giacomo Oddo, il cui vero cognome era Bonafede, nasce in una famiglia siciliana agiata. Viene avviato alla carriera ecclesiastica. Diviene frate domenicano e non uno dei tanti: raggiunge una buona notorietà sia come teologo e docente di seminario sia soprattutto come predicatore (sarà ben conosciuto fino a Firenze, Bologna, Genova). Ma nella sua famiglia c’è suo fratello Francesco, mazziniano convinto e infaticabile agitatore (finirà anni dopo tra i seguaci di Bakunin).
La famiglia, tutta, viene ripetutamente fatta oggetto delle “attenzioni” delle polizie degli stati preunitari. Più volte subiscono il carcere. Giacomo Bonafede vive una profonda crisi che lo porterà a lasciare la tonaca, diviene anche lui mazziniano, repubblicano, radicale. Oggi sarebbe classificato tra i sovversivi.
Per sottolineare la rottura totale e irrecuperabile col suo passato, quando inizia la sua attività di scrittore (sarà attivo nella narrativa, nella storia, nella critica letteraria e nel giornalismo) vorrà firmare col cognome della madre, Oddo. E quindi diviene un autore da non valorizzare. Nelle sue opere le contraddizioni e il pluralismo del Risorgimento emergono tutte. Non si coglie, o almeno non si coglie a sufficienza, l’immagine edulcorata e univoca che si voleva accreditare del “un intero popolo anelante all’unità e alla parola d’ordine Italia e Vittorio Emanuele” che veniva istituzionalmente imposta come verità assoluta. Oddo scriverà tra l’altro un saggio sul brigantaggio e l’Italia dopo la dittatura di Garibaldi.
Giacomo Bonafede Oddo rimane mazziniano e, come suo fratello del resto, nonostante i buoni rapporti con Crispi e altri ex garibaldini della “sinistra” storica, repubblicano e radicale. Forse questo lo ha escluso dai “cantori”, dai “vati” ufficiali dell’epopea del Risorgimento e ha spinto la sua opera nell’oblio.